ADDIO ZIO TOM (1972)
di Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi
Gia' nel preparare l'articolo su
Gualtiero Jacopetti apparso in Cinema Ambra numero 8 (Novembre
1986) mi ero ripromesso di ritornare in dettaglio su Addio
Zio Tom, a mio parere la sua pellicola piu' riuscita e
originale, ma per motivi diversi ho dovuto rimandare
l'approfondimento di mese in mese fino ad ora.
Intanto c'e' da dire che in Italia il film e' da considerarsi un
vero e proprio desaparecido: questa e' infatti l'unica
opera di Jacopetti a non aver avuto regolare distribuzione in
videocassetta, restando inoltre misteriosamente esclusa dalla
retrospettiva dedicata circa un anno fa al regista da
ReteQuattro.
C'e' poi da fare i conti col pesante senso di inadeguatezza che
assale chiunque tenti un qualsiasi discorso generale intorno a un
film come Addio Zio Tom, complesso e ricco fino
all'inverosimile di citazioni, di tragedia e di satira feroce. Ci
si e' infatti da decenni disabituati a un cinema cosi' estremo,
cosi' sdegnosamente privo di ruffianerie e ammiccamenti al
pubblico, cosi' faticosamente perseguito e vissuto gia' nel corso
della lavorazione da diventare quasi impresa agonistica.
Il parallelo che viene alla mente e' quello con le pellicole
dello stesso periodo realizzate da Alexandro Jodorowsky, La
Montagna Sacra e El Topo, tanto filosoficamente
lontane da Addio Zio Tom quanto strettamente imparentate
ad esso dalla comune ferrea volonta' degli autori di vivere in
prima persona e di attraversare gli inferni che si apprestano a
descrivere.
Il film, evolvendosi dai precedenti reportages che diedero fama a
Jacopetti, e' -come ha dichiarato il regista stesso- un
"documentario nella Storia", una minuziosa indagine
romanzata sull'umiliante fenomeno della schiavitu' nell'America
del secolo scorso, sui movimenti di pensiero che tollerarono e
favorirono questa pratica, sulla sua abolizione e sulla
conseguente Guerra Civile. E per non lasciare il minimo dubbio
riguardo al contenuto ricostruito, Jacopetti apre il
film con una delle sequenze piu' suggestive e selvaggiamente belle
di tutta la storia del cinema: un corteo di personaggi in
abbigliamento ottocentesco saluta agitando fazzoletti e cappelli
un elicottero che, volando a bassa quota su di loro, solleva dal
terreno densi turbini di polvere insieme ad oggetti e capi di
vestiario, mentre mandrie imbizzarrite corrono tutt'attorno.
Dall'elicottero, inedita macchina del tempo, emergono due
"giornalisti italiani" che, in costante soggettiva, si
impegneranno in una lunga serie di interviste con note
ed anonime figure storiche, realizzando altresi' scioccanti
reportages sui diversi aspetti del turpe commercio degli schiavi.
E niente e nessuno si salva dalla furia iconoclasta e beffarda di
Jacopetti: biechi trafficanti, illuminati intellettuali e
ministri della Chiesa vengono trascinati per il bavero e
schiaffati in malo modo nello stesso calderone di complicita'
attive e passive, di ignoranza e di pregiudizi che, a dispetto
del tragico bilancio della Guerra Civile americana e
dell'abolizione della schiavitu', ha continuato nel corso dei
decenni ad essere rinfocolato fino ai giorni nostri.
La rivista TIME, recensendo Mondo Cane (1962) scrisse
che "se c'e' un messaggio da recepire, e' che la
gente e' maledettamente cattiva", e questa affermazione
ben si adatta anche a Addio Zio Tom che, dopo un lungo e
ubriacante volo attraverso l'Ottocento americano, plana nel tempo
presente con la sconsolante riflessione che forse non molto e'
cambiato da quegli avvenimenti lontani, concludendosi con un
inquietante finale aperto che lascia intravedere imminenti e
inevitabili nuove violenze razziali.
A livello formale il film e' un vero e proprio turbine di
immagini, di colori, di masse umane in movimento e di primi piani
emozionanti: il formidabile occhio cinematografico di Jacopetti
setaccia instancabile ogni inquadratura per estrarre in
continuazione da insiemi indistinti lo sguardo, la risata, il
dettaglio che riassuma ed esalti in una frazione di secondo lo
spirito di un'intera sequenza.
In un breve ruolo cameo, nei panni di tre implacabili
cacciatori di schiavi impegnati in una cruenta battuta nelle
paludi, e' possibile ravvisare alcuni tra gli artefici della
pellicola: lo stesso Jacopetti, Franco Prosperi e l'organizzatore
generale Giampaolo Lomi i quali, dopo una feroce carneficina e
una cinica foto-ricordo accanto ai cadaveri delle
"prede", riprendono disinvoltamente le mansioni
cinematografiche salutando le comparse che allegramente si
rialzano e se ne vanno.
E in fondo, dopo la girandola forsennata di facce, costumi,
tormenti e sberleffi, l'immagine che piu' resta impressa e'
proprio quella di Gualtiero Jacopetti che, denti digrignati e
occhio fisso sul mirino, spara direttamente in camera verso lo
spettatore, verso la censura, verso la Chiesa, verso chiunque
tenti di zittire una denuncia tanto gridata e lacerante da
dimenticare ogni riguardo per fedi religiose, convinzioni
politiche e compromessi sociali. C'e' da pensare che ancora oggi,
a quasi trent'anni di distanza, ci siano personaggi del mondo
politico e cinematografico che continuano a sentirsi minacciati
da quel ghigno, da quel fucile puntato in faccia, se e' vero che
sull'onda di un revival che ha riscoperto e celebrato anche i
cineasti piu' marginali, poco o niente e' stato fatto per
rivalutare l'opera di un maestro pur scomodo e controverso quale
e' senza dubbio Gualtiero Jacopetti.
Le inedite foto a corredo dell'articolo sono state realizzate e gentilmente fornite da Giampaolo Lomi... grazie ancora, Giampaolo!
Zio Tom 1 (Climati, Prosperi
e Jacopetti)
Zio Tom 2 (Gualtiero Jacopetti)
Zio Tom 3 (Giampaolo Lomi)
Zio Tom 4 (Lomi, Tranchini e la grande gabbia)
Zio Tom 5 (Ciak si gira!)
Zio Tom 6 (Prosperi e Jacopetti)
Zio Tom 7 (Madame Lalaurie)
Zio Tom 8 (La signora non compra a scatola
chiusa...)
Zio Tom 9 (Lomi)
Zio Tom 10 (Madame Lalaurie)
Zio Tom 11 (Jacopetti)
Zio Tom 12 (Scena dal film)
Zio Tom 13 (Scena dal film)
Zio Tom 14 (Scena dal film)
|