A DOPPIA FACCIA (1969)
di Riccardo Freda
Ancora una volta Alfred Hitchcock
risulta essere il grande saccheggiato da parte di produttori e
sceneggiatori in vena di citazioni, diciamo, non pienamente
dichiarate. E il modello "ispiratore" di questo A
Doppia Faccia, diretto da Riccardo Freda con l'usuale pseudonimo
di Robert Hampton, lo si puo' identificare agevolmente gia' dai
primi minuti nel famosissimo Vertigo - La Donna Che Visse Due
Volte.
L'arcinoto plot della moglie defunta che ricompare (ma... e' lei
o non e' lei?) in circostanze misteriose e' qui aggiornato
secondo i dettami di costume vigenti nella caotica, chiassosa e
coloratissima Londra del 1969, dove la compianta consorte del
neo-vedovo Klaus Kinski resuscita -o almeno cosi' pare- nei
fotogrammi di un filmino cochon proiettato nel corso di
una festa psichedelica in un locale alla moda. La determinazione
a risolvere l'inquietante enigma (e ad allontanare da se' il
sospetto di uxoricidio con annessa condanna alla forca) spingera'
Kinski ad un vagabondaggio notturno tra alberghetti malfamati,
studi fotografici "a luci rosse" (per quanto possa
essere "a luci rosse" un seno nudo...) e club esclusivi
frequentati dalla gente "giusta" della Londra
"in".
Questa risulta essere la parte piu' riuscita del film, che per il
resto si perde in chiacchiere spesso tediose e in tentativi non
molto riusciti di innestare le atmosfere gotiche da sempre care a
Riccardo Freda in un contesto moderno.
Gli effetti speciali sono francamente penosi, e soltanto gli
appassionati di modellismo potranno apprezzare appieno
l'incidente ferroviario iniziale di inconfondibile marca
Rivarossi, seguito dall'esplosione di
un'automobilina certo proveniente dalla scatola dei giochi del
nipotino del regista, e dal "volo" di Kinski -con
suocero e feretro al seguito- su di un aeromodello
radiocomandato.
Le cose non migliorano dal lato musicale: particolarmente
irritante risulta il pretenzioso tema di impianto sanremese con
pretese trasgressive che accompagna le apparizioni della
rediviva, talmente reiterato nel corso della pellicola che puo'
capitare di ritrovarsi -controvoglia- a canticchiarlo.
Da scolpire su marmo, infine, come perenne memento al
"politically incorrect" la sparata conclusiva del
commissario ad un Kinski appena scagionato dai pesanti sospetti
di cui sopra, che suona piu' o meno cosi': "Ok, non hai
ucciso tua moglie, abbiamo trovato i colpevoli. Pero'... se non
l'avessero fatto loro sono certo che l'avresti ammazzata
tu".
Curiosa la somiglianza che A Doppia Faccia presenta col film
(molto piu' riuscito) Una Sull'Altra, diretto da Lucio Fulci
nello stesso anno.
La pellicola non e' mai stata edita in Italia in videocassetta, ma ha avuto (rari) passaggi nelle tv locali.
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