MINNIE MINOPRIO:
UNA STORIA AMBIGUA
Roma anni '30:
un'ancora piacente signora della ricca borghesia, maritata ad un
gerarca fascista di mezza tacca affetto da eiaculazione precoce,
seduce per noia un giovane, lontano parente ospitato dalla
famiglia, battendo sul tempo la figlia ventenne.
Chi ricorda i casti varieta' della RAI nei primi anni settanta,
dove un ombelico troppo ostentato poteva costare la carriera alla
soubrette di turno, avra' certamente un sobbalzo nel riconoscere
nella matura e vogliosa protagonista di questo Una Storia
Ambigua, softcore del 1986 diretto dallo specialista di porno
Mario Bianchi, la stessa Minnie Minoprio che quindici anni prima
dagli schermi monocromatici della tv di stato scopriva con
parsimonia le chilometriche gambe a ritmo di charleston.
Iniziata la carriera come cantante jazz, Minnie ha in seguito
arricchito il suo personaggio di "svampita anni '30"
sfoderando non indifferenti qualita' di ballerina e conduttrice,
proponendo nell'arena televisiva una seria concorrenza a
professioniste del calibro di Raffaella Carra' e Loretta Goggi.
A volte sono i casi della vita, a volte magari solo la fortuna
che gira per il verso sbagliato... fatto sta che nel 1978 Minnie
lascia la RAI per le tv private, scomparendo in breve dai palchi
importanti e dal cuore degli spettatori.
La si rivede nel 1985, aggrappata a quell'ultimo tram che la
rivista porno Le Ore offre a stelle e stelline in crisi economica
o d'identita', spettatrice dignitosamente soft immersa in
situazioni pesantemente hard. Questa esperienza, che la vede
momentaneamente accomunata a Marisa Mell, Patty Pravo, Donatella
Damiani, Tina Aumont e altre, pare preludere per Minnie ad una
nuova carriera come sexy-star in un momento in cui, grazie a
cineasti come Tinto Brass e Joe D'Amato, l'erotismo
"d'autore" si sta confermando fenomeno di massa.
Una Storia Ambigua, veicolo del rilancio in chiave
softcore della Minoprio, e' pellicola nient'affatto
disprezzabile: la ricostruzione d'ambiente e' convincente e
precisa, grazie ad un budget non risicato che permette l'utilizzo
di una sontuosa villa nobiliare, di auto d'epoca e di costumi
pregevoli. La regia di Mario Bianchi e' piu' precisa ed inventiva
del solito: i movimenti di macchina sono frequenti ed eleganti e
certi piccoli svarioni (l'abbronzatura da tanga che fa capolino
sotto pizzi e guepière dell'attrice Beba Balteano) si fanno
perdonare a fronte di inedite "rielaborazioni" di
costume quali un telefono erotico ante litteram (bianco,
naturalmente) e il cocaina-party che finisce in orgia dei
rampolli dell'aristocrazia fascista.
Minnie Minoprio si lancia in situazioni erotiche anche spinte con
la grinta di una vera sexy-star e nonostante certe impietose
inquadrature rivelino a volte un fisico non proprio adolescente,
le e' sufficiente una maliziosa vestaglia o un controluce mirato
per rientrare ampiamente negli standard del ruolo.
Purtroppo l'operazione di rilancio non portera' il successo
sperato e di nuovo, come dieci anni prima, Minnie si fara' da
parte dedicandosi ad altre attivita'. I soliti bene informati
sostengono di averla avvistata saltuariamente in fiere e mercati
antiquari, titolare di una piccola attivita' legata al commercio
di mobili d'epoca.
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