H2S (1968)
di Roberto Faenza
"A volte
ritornano" si potrebbe dire con
Stephen King di certe pellicole che, piu' di altre tartassate da
un destino jellato, creano un attimo di clamore all'apparire
sugli schermi per eclissarsi subito dopo senza lasciar traccia.
E' il caso di questo H2S del 1968, seconda prova dell'allora giovane
promessa Roberto Faenza, bistrattato e
tagliuzzato in malo modo dalla censura nonostante l'appoggio
quasi unanime della critica e mai piu' ripresosi nell'arco di
trent'anni da un tale "pestaggio" nemmeno per una
timida uscita in videocassetta o per qualche sperduta TV locale.
Un plauso quindi ancora una volta alla programmazione notturna di
Rete4 che recentemente ha proposto -per ben DUE volte a distanza
di pochi mesi- una simile rarita'.
Ed e' un piacevolissimo viaggio nel tempo in un modo di far
cinema talmente datato da risultare quasi alieno l'abbandonarsi
al fluire di H2S, alla sua invettiva politica tanto manichea
quanto naïf, alle sue prese di posizione scontate ma decise
quanto un riff degli Status Quo.
Il giovane Tommaso (interpretato dall'insopportabile pel
di carota Denis Gilmore) capita in una
"utopistica" citta' governata da un gruppo di potere
che, mediante largo uso di propaganda e repressione palese e
occulta, inibisce sul nascere qualsiasi tentativo di presa di
coscienza da parte dei cittadini. Tommaso, spaesato, dapprima osserva poi contesta, fugge,
viene ripreso, indottrinato e finisce per improvvisarsi bombarolo
in nome della liberta'.
Un cast di vecchie volpi dello spettacolo, da Lionel Stander a
Giancarlo Cobelli, a Paolo Poli, alla "testa pensante"
di Playmen Franco Valobra da' vita a uno dei sistemi
oppressivi piu' simpatici che sia mai stato
dato di vedere nella cinematografia di anticipazione fantastica,
ponendo a volte seri problemi di coscienza allo spettatore non
sempre disposto ad identificarsi nel saputello, indisponente
"eroe" Tommaso. Menzione particolare all'allora
debuttante Carole Andre' mai stata in seguito cosi'
stupefacentemente bella.
Da segnalare diversi interessanti tocchi profetici di scenografia
e certe riflessioni su violenza e condizionamento che
ritorneranno amplificate in Arancia Meccanica. Azzeccato il
commento di Morricone, ricco di sonorita' sperimentali
elettroniche imparentate strettamente alle ricerche effettuate
nel periodo da Pierre Henry.
Dopo quest'opera il regista Faenza abbandono' per alcuni anni gli
ambienti "ufficiali" per dedicarsi piu' attivamente al
cinema e alla controinformazione militante.
Suo e' il libro intitolato Senza Chiedere
Permesso del 1972, sorta di manuale
alternativo di autoproduzione per cineasti "ribelli".
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