LA TARANTOLA DAL VENTRE NERO
di Paolo Cavara (1971)
Prima o poi mi concedero' lo sfizio di
compilare una lista di film in cui Barbara Bouchet viene presa a ceffoni...
Questo "topos" del cinema italiano di genere dev'essere secondo
ad occhio e croce solo alle morti per pistolettate subite da Klaus Kinski. Ne La
Tarantola Dal Ventre Nero l'inevitabile dose di manrovesci arriva per
l'affascinante Barbara a soli tre minuti dall'inizio del film, appena dopo che
la stessa -nel corso dei titoli di testa- ha terminato di deliziarci con una
generosa esibizione di seni e natiche.
Considerazioni "manesche" a parte, il film di Paolo Cavara del 1971 si
rivela un ottimo esempio di thriller di derivazione argentiana, fedele ai
dettami impostati da "Big Dario" senza peraltro scimmiottarne
pedissequamente i motivi. I temi classici ci sono tutti, dall'assassino in nero
di cui spiccano le mani guantate, alle belle vittime nude e urlanti,
all'ambientazione romana con tocchi di colore locale.
Inusuale ma azzeccata la scelta di Giancarlo Giannini e Stefania Sandrelli nei
ruoli del commissario Tellini e consorte. Giannini ne ricava un personaggio
umanissimo scosso da crisi e dubbi e i suoi duetti con la Sandrelli nelle
sequenze domestiche paiono tratti pari pari dalla commedia all'italiana.
Paolo Cavara dimostra un buon mestiere e un ottimo occhio cinematografico: le
scene d'azione sono seguite da una camera a mano sempre sicura e puntuale grazie
certamente anche al suo passato di documentarista d'assalto alla corte di
Gualtiero Jacopetti, mentre l'ampio uso di focali diverse -dal macro spinto al
grandangolo al tele estremo- conferiscono impatto e interesse alla vicenda anche
nei momenti inevitabilmente piu' involuti e forzati.
Da notare la tecnica omicida particolarmente sadica dell'assassino che,
paralizzate le vittime mediante l'uso di un ago per agopuntura delle dimensioni
di un ferro da calza (!!!), infierisce su di loro ancora coscienti allo stesso
modo in cui -in natura- un certo tipo di ape si comporta con la tarantola.
Nel cast anche la "bondiana" Claudine Auger, la deliziosa Barbara Bach
("bondiana" anche lei, ma in seguito) e il tormentato Silvano
Tranquilli, quest'ultimo vittima di una particolare forma di "schizofrenia
d'attore" che all'epoca pareva imporgli al cinema solo ruoli negativi o
"scabrosi" per poi ripagarlo sul piccolo schermo col grande successo
popolare de I Ragazzi Di Padre Tobia.
Inappuntabile come al solito il commento sonoro di Ennio Morricone, che conclude
la pellicola con un tema particolarmente accattivante.
Non mi pare esistano edizioni in videocassetta; il film pero' e' passato un paio
di volte a tarda notte in RAI.
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